13. La cognizione numerica



La ricerca scientifica ha dimostrato come specifiche aree del nostro cervello siano preposte all’elaborazione dell’informazione numerica. In particolare, Dehaene (1992) ha ideato uno dei modelli più diffusi nell’ambito della studi sulla cognizione numerica che hanno trovato poi riscontri in ambito neurologico: il modello del triplo codice[1]. Questo modello parte dal presupposto che esistano tre distinti codici per il processamento dei numeri: il codice
analogico, verbale e arabico. Il codice analogico rappresenta i numeri come numerosità ( ad esempio il numero di oggetti o elementi che sono in un insieme); il codice verbale rappresenta i numeri come sequenza sintatticamente organizzate di parole (ad esempio: quarantacinque) e il codice arabico rappresenta i numeri come serie di cifre arabe (ad esempio 45). Oggi è ampiamente condivisa e diffusa l’impostazione secondo la quale l’apprendimento della matematica avviene grazie ad una serie processi mentali che agiscono a livello celebrale dando luogo a tutta una serie di operazioni cognitive, di produzione, di comprensione e di calcolo. In particolare vengono riconosciuti tre processi fondamentali che Camillo Bortolato esemplifica molto bene nella metafora della  montagna[2] (vedi figura).





I processi semantici utilizzano il codice analogico e permettono di riconoscere e manipolare le quantità; i processi lessicali permettono di dire e scrivere i numeri; i processi sintattici sono quelli che permettono di organizzare la quantità in diversi ordini di grandezza (per esempio il valore posizionale delle cifre). Ogni bambino all’inizio si trova ai piedi della montagna, le abilità pre-verbali che possiede gli permettono di osservare e organizzare le quantità (processi semantici). Più sopra ci sono i nomi delle quantità (processi lessicali) e in cima alla montagna ci sono i processi sintattici, che definiscono la “grammatica “ del numero cioè le sue regole. L’apprendimento della matematica dovrebbe partire dalla base della montagna utilizzando un approccio intuitivo e sfruttando quelle abilità innate che ogni bambino possiede, purtroppo sappiamo che la didattica concettuale non prende in considerazione i processi semantici, ma costringe il bambino a salire subito in cima alla montagna. Dunque non c’è da stupirsi se la matematica diventa per molti una materia ostica e difficile!


[1] Dehaene, S. (1992). Varieties of numerical abilities. Cognition, 44: 1-42, citato in Lucangeli D., 2012, La discalculia e le difficoltà in aritmetica, Firenze, Ed. Giunti, p 24.
[2] Bortolato, C. (2002) Calcolare a mente, Trento, Erikson, 2002, p.21.