Nel marzo del 2014 leggo su un quotidiano un’interessante articolo
riguardante la scuola italiana dal titolo “Scuola, il record di
pigrizia degli studenti italiani”. L’articolo commenta un’indagine svolta dall’OCSE e
mette in risalto come una grande percentuale di studenti italiani considerino
la matematica una materia astratta e inutile per l’attività lavorativa, inoltre solo il 41 per cento degli
studenti è convinto che un maggiore impegno può portarli a buoni risultati nella
scienza dei numeri.
Nell’articolo c’è un intervento di Gianfranco Staccioli, pedagogista e docente
all’Università di Firenze, il quale sostiene che se gli studenti si scoraggiano
è anche colpa dei professori: “Gli
insegnanti dovrebbero fare amare la matematica ma
occorre trovare il metodo più efficace. Rispetto a tantissimi anni fa si
insegna sempre allo stesso modo” [1]. Qualche giorno dopo, mi
capita di leggere un articolo di Piergiorgio Odifreddi :”La bellezza matematica
nascosta nel mondo”. Odifreddi (Matematico, logico e saggista) sostiene che la
matematica è una disciplina in crisi che molti odiano e analizzando le cause di
questo fenomeno commenta: “Un'ultima spiegazione, pedagogica, ha a che fare con l'anacronismo della
nostra scuola. Ministri e funzionari insensibili e inesperti, programmi e testi
antiquati e aridi, esercizi sadici e noiosi inflitti con metodi di insegnamento
antidiluviani, completano l'opera di allontanamento anche degli studenti meglio
disposti. Con queste premesse, non c'è da stupirsi che la matematica sia così poco apprezzata e
capita: semmai, ci sarebbe da stupirsi del contrario”.[2]
Staccioli e Odifreddi parlano di metodi di
insegnamento della matematica antidiluviani e ormai superati, probabilmente si
riferiscono alle scuole superiori, ma siamo proprio sicuri che le loro
considerazioni non riguardino anche la scuola primaria? Appena mi sono posto
questa domanda ecco che si è profilato nella mia mente un ricordo risalente ai
primi anni settanta: la mia maestra delle elementari parla con i genitori e gli
spiega che per facilitare l’apprendimento della matematica è necessario
acquistare i “numeri in colore”, un nuovissimo strumento didattico composto da
una scatola contenente regoli colorati che rappresentano i numeri da uno a
dieci. Decido di fare una piccola ricerca fra testi scolastici di matematica
della prima classe della scuola primaria. Questi i testi da me consultati:
1) “Caramella 1”, Fabbri
Editori, gennaio 2014 con ristampe fino al 2018;
2) “Logimat 1”, Edizioni il
capitello, agosto 1999;
3) “Matematica 1”, Ed. Minerva
Italica, aprile 1990.
Ebbene, sembra incredibile
ma, a parte l’aspetto grafico, i tre testi sono pressoché identici: si comincia
con la logica e l’ insiemistica, poi si passa ai primi nove numeri
presentandoli con i numeri in colore (oggi chiamati semplicemente regoli), quindi
si introducono le relazioni tra i numeri (maggiore-minore,
precedente-successivo…), poi si presenta l’addizione e la sottrazione (sempre
con i primi nove numeri) per giungere ai “mitici” raggruppamenti a basi
diverse, anticamera della numerazione decimale presentata con l’abaco (unità e
decine) e del valore posizionale delle cifre. Non solo i numeri in colore, ma
anche l’abaco è comparso in tempi “antichi”. Ma quando di preciso questi
strumenti che ancora oggi usiamo sono comparsi per la prima volta nei banchi di
scuola ? La risposta l’ho trovata in un testo di Robert Dottrens del 1968 che
io stesso ho studiato ai tempi delle superiori[3],
in questo testo si parla dei regoli di Cuisenaire o numeri in colore: “Da lungo tempo nella “Maison des Petits” di
Ginevra si utilizza un materiale studiato dalle signore Audemars e Lafendel da
cui i regoli Cuisenaire sembrano derivare direttamente”[4].
Inoltre si parla anche dell’abaco: “L’uso
dell’abaco in Italia è stato recentemente studiato e sperimentato dai maestri
del gruppo matematica e scienza del movimento di cooperazione Educativa”[5].
In conclusione possiamo affermare che le considerazioni di Staccioli e
Odifreddi riguardo al metodo antiquato nell’insegnamento della matematica valgono
anche per la scuola primaria: i libri di testo di oggi sono in pratica uguali a
quelli di 25 anni fa e gli strumenti didattici che oggi utilizziamo esistevano giÃ
negli anni ’60, più di cinquanta anni fa! Questo non significa che tale metodo
di insegnamento sia inadeguato e inefficace, ma a questo punto altre domande
sorgono spontanee: quando nasce questo metodo che da decenni si insegna nella
scuola primaria? Quali sono i presupposti teorici? Ma Soprattutto: Possibile che in tutti questi anni di progresso scientifico in tutti i campi dello
scienza, la didattica della matematica sia sempre la stessa?
[1] La Repubblica, 20 marzo 2014
[2] La Repubblica, 28 marzo 2014
[3] Dottrens R., 1968, Nuove Lezioni di didattica, Roma, Armando Editore.
[3] Dottrens R., 1968, Nuove Lezioni di didattica, Roma, Armando Editore.
[4] Ivi.,
pp.232-233.
[5] Ivi.,
p.232.